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‘A casa loro’ alla rassegna “Dialoghi in Piazza”

GARBAGNATE MILANESE – Si è chiusa con un bilancio positivo la 13ª edizione della rassegna “Dialoghi in Piazza”, organizzata dal Gruppo Culturale La Piazza. Tradizionalmente l’evento è un contenitore di conferenze e spettacoli dislocati in città che puntano in modo particolare al dibattito e alla riflessione su temi di richiamo. I temi dell’edizione 2025 sono stati “cammino della speranza, la pace e la giustizia”. Vari i momenti che hanno fatto riflettere profondamente il pubblico.

Primo appuntamento domenica 23 marzo nella basilica centrale: 200 persone hanno assistito al concerto dell’Orchestra Filarmonica Giovanile Europea, diretta dal maestro Marcello Pennuto con le voci bianche e i cori del Collegio dei Padri Oblati Missionari e del Nazzareno di Caronno Pertusella. Venerdì 27 marzo, il monologo di Giulio Cavalli dal titolo “A casa loro” ha toccato corde profondissime nella sala convegni di Corte Valenti. Cavalli, accompagnato da un sottofondo musicale, ha spiegato con dovizia di particolari agghiaccianti le vicende degli sbarchi dei migranti dalla Libia all’Italia dando lettura di diari e testimonianze degli uomini di colore che li ha assistiti: “C’è una scena lineare, ammassati come bestie gli uomini, per lo più giovani, e minorenni addestrati che volevano restare in nord Europa ma sono costretti a rimanere in accoglienza in un centro di detenzione. Per un tratto dei 700 morti trovati dentro la stiva di un barcone, l’Italia non ha risposto in sede civile alla politica europea”.

Momento toccante e decisivo è stato Salvatore Attanasio, padre di Luca, il noto ambasciatore italiano assassinato in Congo: ha ricordato con emozione gli ultimi dialoghi avuti con il figlio. La videoinchiesta ha raccontato i momenti culminanti di Luca Attanasio e della difficile inchiesta giudiziaria per scoprire il colpevole dell’omicidio. Duecento i visitatori.

Sabato 29 marzo la rassegna si è proseguita in Corte Valenti con la storia del prete salesiano don Luigi Melesi, raccontata da Valerio Ricciardelli: “Melesi e Carlo Maria Martini determinarono la fine della lotta armata degli anni ’70 – ha raccontato Ricciardelli – Dopo l’esperienza nel Collegio dei Salesiani di Arese, l’Ispettorato Salesiano ha dato mandato a Melesi in qualità di cappellano nel carcere di San Vittore. Nel 1978 i detenuti politici non ne volevano sapere di essere recuperati e non volevano parlare con i preti. Lui andò e ci riuscì. Se è miracolosissima l’intercessione di don Bosco per ottenere una grazia, allora questa storia di giustizia riparativa è andata a buon fine nel 1984”.

(daf)

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